L’equanimità è un termine che deriva dalla parola “equanime”, a sua volta derivata dal latino tardo “aequus” e “animus”1.
Questa parola composta può essere suddivisa in due parti: “aequus”, che significa “sereno” o “calmo”, e “animus”, che significa “mente” o “spirito”.
Insieme, “equanime” suggerisce uno stato d’animo sereno, calmo e moderato.
Quindi, l’equanimità è una qualità che indica la capacità di mantenere la calma, la serenità e la moderazione in situazioni stressanti o difficili. Rappresenta un atteggiamento mentale in cui una persona affronta le sfide con un equilibrio emotivo, senza lasciarsi travolgere dalle emozioni, siano esse negative o positive, e senza reagire con impulsività.
In sostanza, l’equanimità è una virtù che promuove la stabilità e la saggezza nell’affrontare le situazioni della vita.
I pilastri dell’equanimità
L’equanimità è intrinsecamente collegata a concetti importanti come il “lasciare andare“, il “non attaccamento” e la presenza consapevole nel “qui e ora”.
Questi concetti sono fondamentali per comprendere appieno la natura dell’equanimità e come essa contribuisce a rendere la vita più equilibrata e appagante.
Lasciare andare
Il concetto di “lasciare andare” implica
- comprendere che le situazioni possono evolversi in modi imprevedibili;
- adottare, conseguentemente, una prospettiva più rilassata per accettare con serenità ciò che non può essere cambiato.
Non attaccamento
Con “non attaccamento” si riferisce all’abilità di non legare la propria identità e la felicità a beni materiali, relazioni o risultati. Imparare ad apprezzare ma con distacco amorevole (santosha)per non essere eccessivamente turbati in caso di perdita o di cambiamento delle situazioni.
Questo concetto è ripreso nel verso 2.48 della Bhagavad Gita1 che recita:” Abbandona l’attaccamento ai risultati per arrivare all’equanimità mentale”.
Qui e ora
Essere presenti a se stessi nel “qui e ora” è un altro aspetto chiave. Questo significa concentrarsi sulla realtà del momento presente per viverla intensamente e pienamente, anziché rimuginare sul passato o preoccuparsi del futuro.
Vivere nel presente consentono di affrontare gli ostacoli che si incontrano con maggiore chiarezza mentale e serenità. Più consapevolmente.
Yoga e meditazione sono strumenti potentissimi che ti aiutano a sviluppare queste virtù.
Lasciare andare vs sbarazzarsi di qualcosa
“Lasciare andare” e “sbarazzarsi” di qualcosa sono concetti radicalmente diversi pur essendo attinenti al concetto di separazione.
La differenza chiave si riscontra nell’approccio e nelle implicazioni di ciascuno di essi.
Il “lasciare andare” è un processo più consapevole e profondo. Implica accettazione, comprensione e la liberazione graduale. È un atto di accettazione e comprensione delle situazioni o delle emozioni, anziché ignorarle o reprimere.
Lasciare andare può comportare un lavoro interiore per affrontare e risolvere le emozioni o i problemi in modo più sano.
Questo approccio porta a una vera liberazione, in quanto non si tratta di nascondere il problema, ma di comprenderlo, elaborarlo e alla fine superarlo senza avversione.
Sbarazzarsi di qualcosa suggerisce un’azione che spesso è frettolosa, impulsiva e basata sulla volontà di liberarsi velocemente di qualcosa che può essere percepito come fastidio o problema.
È come nascondere la sporcizia sotto il tappeto per ignorare i problemi invece di affrontarli.
Questo approccio può temporaneamente far sembrare che il problema sia risolto, ma alla lunga, la sporcizia sotto il tappeto continuerà ad accumularsi e alla fine dovrà essere affrontata.
L’equanimita non è indifferenza.
Gli anni recenti sono stati segnati da una serie di emergenze che hanno richiesto risposte immediate. La nostra sopravvivenza è stata molto spesso minacciata. Quando si verificano queste queste situazioni, nell’immediato, ragiamo istintivamente affrontando il pericolo o scappando.
Purtroppo, quando e minacce alla sopravvivenza della specie umana si protraggono per periodi molto lunghi sorge un senso di impotenza.
Quando questa condizione si prolunga nel tempo, come sta accadendo negli ultimi anni, non reagiamo in nessun modo ma si diventa indifferenti rispetto alle difficoltà che non ci vedono direttamente coinvolti.
Di fronte a catastrofi naturali, eventi bellici e ingiustizie facciamo spallucce perchè non è in nostro potere aiutare il prossimo.
Coltivando l’equanimità, al contrario, l’indifferenza si tiene al largo da noi che restiamo sensibili, lucidi, in grado di sostenere coloro che amiamo con saggezza senza criticare o giudicare. Accettiamo che che ognuno ha il suo destino fatto di sfide e cadute e che non possiamo fare altro che accettarlo con empatia e compassione senza esserne travolti.
Equanimità e responsabilità individuale.
La vita è un susseguirsi di esperienze in cui ognuno sperimenta gioia o dolore, vittoria o sconfitta.
La responsabilità individuale emerge quando si decide di prendere il timone della propria esistenza.
Ma come fare?
Sia Patanjali, nel contesto dello yoga, che i buddisti, riconoscono che l’equanimità è strettamente legata alla capacità di controllare la mente.
Raggiungere uno stato di equanimità implica il dominio della mente e la capacità di mantenerla stabile e serena.
Il controllo mentale è considerato un passo cruciale verso la pace interiore e il superamento della sofferenza nelle rispettive filosofie.
Entrambe le filosofie riconoscono che il cardine sta nel mantenere la mente imperturbabile.
Patañjali nel Sutra 1.2 dagli Yoga Sutra raccomanda: “Yogaś Citta Vrtti Nirodhaḥ”
[lo yoga quieta (nirodha) i vortici (vrtti) della mente (citta)].
Secondo gli insegnamenti buddisti, la chiave per superare la sofferenza è rimanere in equilibrio. Mantenere la calma nel mezzo dell’altalenante vita, senza farsi travolgere da momenti felici o difficili.
I buddisti spesso paragonano la mente al cielo. Il cielo è posto al di sopra delle nuvole e le contiene. Esso rimane immutato nonostante l’addensarsi di nubi. Le nuvole simboleggiano i nostri pensieri, che vengono e vanno.
Acquisire la capacità di ridurre le fluttuazioni mentali e di coltivare una mente equanime e pacifica è un passo significativo verso una vita più consapevole e soddisfacente. E’ un atto di responsabilità individuale, in quanto ciò che pensiamo e come reagiamo alle circostanze influisce direttamente sulla nostra qualità di vita e sul nostro percorso spirituale.
L’equanimità dona armonia alla vita.
Conclusioni
L’equanimità è una virtù che richiede stabilità emotiva e saggezza per affrontare le sfide della vita. È strettamente legata a concetti come “lasciare andare” e “non attaccamento,” e richiede la capacità di mantenere la calma e la serenità anche in situazioni difficili.
Il suo obiettivo principale è superare i meccanismi di avversione e attaccamento, che spesso sono le radici della sofferenza umana.
Questa qualità non deve essere confusa con l’indifferenza, poiché implica una sensibilità consapevole. Coltivare l’equanimità è fondamentale per rispondere alle sfide della vita con chiarezza mentale e compassione. Inoltre, implica l’abilità di governare e mitigare le fluttuazioni della mente attraverso l’uso di un amorevole distacco, insieme a compassione ed empatia. Inoltre, il controllo mentale è un atto di assunzione di responsabilità nella gestione delle emozioni e nella creazione di una vita più consapevole e armoniosa, come insegnato sia nello yoga che nel buddhismo.
In conclusione, essere equanimi significa essere come l’ago della bilancia posizionato esattamente al centro: nè spostato da un lato nè spostato dall’altro. Si è imparziali.
Note
1 Bhagavadgita (il Canto del Beato) è il VI libro del Mahabharata, la grande epopea indiana.
2 commenti su “Equanimità è vivere in armonia.”
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