Aparigraha, il non attaccamento è il risultato di un lungo processo di profonda conoscenza di noi stessi, delle nostre abitudini, degli schemi mentali, di come ed in cosa ci identifichiamo.
Di conseguenza, aparigraha influenza la nostra vita a 360°.
Il non attaccamento si sposa benissimo con il modello di vita a cui si ispira il minimalismo.
Esattamente come il minimalismo va contro corrente rispetto agli ideali della società consumistica. In quanto, porta a riflettere su ciò che è realmente necessario, a non aggrapparci al passato o agli oggetti e ad adattarci alle situazioni. A non effettuare acquisti impulsivi.
In poche parole, la pratica del non attaccamento insegna a non accumulare:
- oggetti materiali;
- relazioni non appaganti;
- informazioni inutili.
La mia esperienza mi ha portato a realizzare che il non attaccamento non è solo avere armadi e cassetti vuoti o una casa priva di soprammobili.
E’, innanzitutto, conoscenza approfondita delle nostre abitudini e dei nostri reali bisogni. E’ consapevolezza e capacità di comprendere chi siamo e quali sono i nostri bisogni fondamentali per vivere in serenità.
Infatti, se paragoniamo la vita ad un albero, la consapevolezza rappresenta le radici della nostra vita.
Non attaccamento ed abitudini.
Soprattutto le abitudini portano a schemi mentali e ad automatismi comportamentali inconsci.
Soffermati un attimo per riflettere sulla relazione che hai con i beni materiali. Probabilmente, sostituisci tutti gli oggetti che non rientrano nei tuoi schemi mentali.
Sicuramente, ti sarà capitato, di non chiederti se potevano avere altre funzioni prima di sostituirli con nuovi oggetti.
Solo dopo un’attenta fase di studio siamo pronti per lo step successivo, di riduzione degli oggetti. E, possiamo lasciare la porta aperta per dare il benvenuto al non attaccamento nella nostra vita.
Credo che l’insicurezza svolga un ruolo centrale nell’attaccamento sotto qualsiasi forma espressiva.
Per essere in grado di affrontare il futuro con leggerezza d’animo bisogna superarla.
Possesso ed avidità.
L’insicurezza fa sorgere il bisogno inconscio di possedere le cose e ci porta ad accumularle.
Non realizziamo che la vita è irrimediabilmente condizionata dalla loro presenza in quanto richiedono dispendio economico ed impiego di ulteriori energie per avere cura di essi.
L’ansia ed i problemi aumentano anzicchè diminuire.
Essendo sotto l’influsso di false necessità, proviamo sensazioni dissonanti. Non siamo a nostro agio. Cerchiamo altre soluzioni. Acquistiamo altri oggetti che, a loro volta, hanno bisogno di altre attenzioni ed occupano spazio sia fisico che mentale. Il vuoto attorno a noi diminuisce mentre aumenta l’insoddisfazione.
Entriamo in un circolo vizioso che possiamo interrompere solo con una attenta e profonda riflessione nonchè con la ferrea volontà di cambiare .
Per chiarire il mio pensiero utilizzerò alcuni aneddoti personali.
Inizio con il raccontarti di Elisa e dei suoi abiti firmati. Viveva con ansia la possibilità che gli venissero rubati nello spogliatoio.
E’ un tipico esempio di oggetti che posseggono la nostra mente e le nostre emozioni. Ci rendono schiavi delle nostre paure.
Infatti, il timore di essere derubata dei suoi preziosi vestiti era costantemente presente nei pensieri di Elisa; la distoglieva dall’attimo presente. Dal qui ed ora: l’allenamento in piscina.
Al di là dell’imbarazzo di dover tornare a casa in accappatoio! 🤣 🤣 🤣.
Scusatemi ma l’immagine è molto esilarante! Spero che Elisa voglia perdonarmi perchè non intendo mancarle di rispetto.
Inoltre, Elisa associava l’idea che aveva di sè con i vestiti firmati. Si identificava con essi.
Ma anche io avevo qualcosa in comune con Elisa.
Cosa?
Prima una breve premessa.
Sperimentare il non attaccamento non significa privazione totale e mancanza di impegno personale per garantire il soddisfacimento delle proprie necessità. Ma, semplicemente non diventare schiavi di lavoro, oggetti o relazioni.
Non dedicare la maggior parte delle 24 ore al lavoro per guadagnare di più e poi non avere tempo libero da dedicare ai valori ed alle persone che contano.
Vi porto come esempio un periodo della mia vita.
Come ti accennavo in precedenza, quando vivevo a Milano lavoravo quindici ore, quasi tutti i giorni.
Possedevo ben tre mezzi tra cui un camper. Ma non avevo il tempo di godermelo perchè ero sempre al lavoro e nei giorni di riposo avevo la necessità di riposare per recuperare le energie.
Era questo che avevo in comune con Elisa.
In compenso, le batterie di auto e camper erano sempre scariche! 🥲 🥲 🥲.
I rapporti con il prossimo erano solo di tipo professionale.
Ti sembra una vita meritevole di essere vissuta? 🤔
Proprio no. 👎
Ho venduto il camper! 🚐
Ma come riconoscere l’effettiva utilità di un oggetto?
Come riconoscere se un oggetto è davvero indispensabile?
La prima domanda che mi pongo è: “Sino ad ora come ho fatto senza? Ho sentito la necessità che venisse ideato?”
Se ho sopperito in altro modo e se non ho mai provato il bisogno che venisse creato quel nuovo oggetto è chiaro che quel nuovo aggeggio tanto decantato dalla pubblicità, in TV o sui social, non mi serve.
Aparigraha ed emozioni: perdono e distacco.
Per me è difficile perdonare. Resto molto attaccata alle esperienze negative e non dimentico i torti subiti.
Ti stai chiedendo come ho gestito questo aspetto, vero?
Fatto salvo per le relazioni professionali e familiari che non si possono troncare, mi distacco dalle altre persone.
In questi termini non suona bene!
Mi spiego meglio.
Le mie reazioni sono cambiate quando ho compreso che ognuno ha una propria vita ed un proprio modo di essere.
Ho compreso che è impossibile cambiare le persone perchè ognuno di noi ha una via da percorrere e si trova in un determinato punto del suo sviluppo personale.
Ho imparato a riconosce tutto ciò. A rispettare gli altri.
Sono divenuta consapevole che il male è funzionale al bene e che non si può eliminare. E’ presente anche in me, ed anche io ho le mie zone d’ombra, come tutti.
Questo non mi impedisce, però, di rispettare gli altri e me stessa.
Pertanto, ho imparato ad essere selettiva nella scelta di relazioni, lì dove è possibile.
Non cerco di punire ma non faccio finta di niente, non dimentico. Per tutelare me stessa, pongo distanze e cerco di essere cauta qualora si renda necessario interagire nuovamente con alcune persone.
Tutto questo mi ha donato pace e serenità.
Sorrido quando penso che rececentemente una grafologa ha diagnosticato che ho “trovato una sistemazione centrale lontano dal passato e dal futuro”.
Forse questo è il fulcro della questione: il non attaccamento è riuscire a posizionarsi con serenità e fiducia in un punto centrale, di equilibrio, tra passato e futuro.
Anche il feng shui insegna il valore del non attaccamento
Come insegna il feng shui, se non lasciamo andare il vecchio non consentiamo al nuovo di entrare nella nostra vita.
Se non creiamo il vuoto, se tratteniamo i sentimenti e le emozioni vecchie creiamo stagnazione e non evoluzione.
Non attaccamento significa anche rivalutare il vuoto per offrirci l’opportunità di arricchire la vita con cose, oggetti e relazioni nuove e vere.
Vivere all’insegna degli yama e niyama non è facile in un mondo come il nostro che cerca di portarci ovunque, tranne che al centro di noi stessi. Richiede dedizione e non attaccamento al risultato.
E’ facile cadere nei tanti tranelli che la contemporaneità predispone per noi nel fiume della vita.
Se cadi, sii clemente con te e perdonati. Il non attaccamento lo manifesti anche in queste circostanze. Lascia andare il giudizio e con fiducia ricomincia dal punto in cui sei caduto perdendo la via.
Aparigraha e retto pensiero.
Il non attaccamento richiede razionalità, ossia coltivare il retto pensiero per poter creare distacco e non reagire impulsivamente agli stimoli.
Le abitudini non sempre facilitano la nostra esistenza in quando creano profondi solchi nella nostra mente e ci spingono a vivere all’insegna dell’impulsività.
Per applicare aparigraha o non attaccamento, per non dipendere da niente e da nessuno, l’unico “trucco” consiste nel coprendere chi siamo qual’è la nostra vera natura. Imparare a stare bene con noi stessi.
Allora, non dobbiamo amare niente e nessuno?
Al contrario, credo che i sentimenti si arricchiscano di rispetto e di comprensione che le persone che amiamo non sono di nostra proprietà. Riconosciamo il loro diritto di esperire la loro esistenza e di seguire la loro strada.
Affronto queste esperienze con la consapevolezza che al prossimo incrocio le nostre strade si divideranno.
Custodisco nel mio cuore la riconoscenza per aver potuto percorrere insieme un tratto del tragitto ed aver dato valore alla mia vita.
Il non attaccamento e la capacità di condividere.
E’ molto difficile condividere con gli altri ciò che si ha, nonostante possediamo cose in eccesso rispetto ai nostri bisogni e la frustrazione che proviamo. Ritengo che sia dovuto all’individualismo esasperato che alberga nei cuori degli uomini moderni.
Il concetto di comunità è quasi scomparso dalla nostra società. E’ stato soppiantato da individualismo, egoismo ed indifferenza verso il prossimo. Tutti, credo, ci sentiamo isolati dal resto del mondo. Abbiamo troncato qualsiasi relazione con le altre persone e le percepiamo come qualcosa lontana da noi.
O, forse, non li vediamo più.
L’altro non esiste.
Quindi, come posso entrare in contatto e condividere le mie fortune con qualcuno che non esiste? Che i miei occhi non vedono?
Il non attaccamento ci illumina. Ti mostra che siamo ancora connessi e desiderosi di condividere beni ed esperienze con il resto del mondo.
A questo punto, a proposito del desiderio di condividere, mi chiedo se desideri condividere con me le tue esperienze di vita. E scrivere nei commenti se hai mai riflettuto e/o applicato il non attaccamento? In quali aspetti della tua vita ritieni che sia difficile o semplice applicare aparigraha?